Da tempo, ormai, si discute del ruolo dei cattolici in politica e dallo scioglimento della Democrazia Cristiana ad oggi si sono tentate diverse strade per mantenere sulla scena politica lo spirito cattolico di tanti che vivono la loro diaspora in terra straniera. Dai rinnovati appelli ai liberi e forti, alle fondazioni, ai movimenti, fino ai partiti di sedicente ispirazione cattolica, alcuni marchiati di vecchi e nuovi scudi crociati, l’universo post-democristiano si è ritrovato come i sei personaggi in cerca di autore di pirandelliana memoria. Sta di fatto che sembra alquanto improbabile, e per certuni improponibile, la ripetizione di una comune esperienza politica sotto lo stesso tetto, sotto lo stesso simbolo, sotto lo stesso progetto politico.
Meglio non addentrarci nell’universo degli aspiranti leaders, federatori, figli o figliastri di padri nobili ormai estinti, ai quali si guarda con nostalgia, perché, in tal caso ci si potrebbe smarrire come nella stanza dei mille specchi. Da decenni i cattolici vivono al riparo degli ombrelli dei grandi partiti di destra e di sinistra e sembrano poco propensi ad uscirne per godere del sole che in altri tempi li ha fatti brillare: lo spirito moderato e la Dottrina Sociale di quella Chiesa, nella quale molti credo che oggi farebbero a fatica a riconoscersi, prova ne sono le dichiarazioni di voto su tanti di quei provvedimenti distanti dal Magistero della Chiesa e del Vangelo stesso. Insomma, sono entrati in casa altrui, vi hanno trovato un comodo divano e vi si sono accomodati con la scusa del lievito che fermenta la massa e della voce della coscienza che dovrebbe instillare una visione critica e “cristica” su temi sensibili quali l’immigrazione, la tenuta sociale del Paese e soprattutto delle fasce più deboli, i diritti degli uomini e delle donne del nostro tempo, la giustizia, la ricerca della pace, i temi ecologici.
Il mondo cattolico, oggi irriconoscibile nel panorama politico italiano, è rimasto senza voce e senza coscienza, senza parole e senza idee e di conseguenza senza più un uditorio che può convertire la condivisione di contenuti in consenso elettorale. In questo contributo voglio soffermarmi su un primo passo che porti a una presa di coscienza che una strada è ancora possibile e una presenza dei cattolici ancora realizzabile.
Vincere la nostalgia.
Il primo movimento cattolico in fase costituente, come descrivono Telemaco Portoghesi Tuzi e Grazia Tuzi nel loro libro “Quando si faceva la Costituzione”, nasce in una casa romana in Via della Chiesa Nuova al n. 14 e fu chiamato “La Comunità del porcellino” di cui facevano parte Laura Bianchini, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati, Amintore Fanfani e Giorgio La Pira. L'eredità ideale dalla Comunità del porcellino si può dire si sia trasferita, in certo modo, ad altri personaggi della stessa tempra, nella generazione successiva di cattolici sensibili al senso alto dell'impegno politico, tanto più nella prospettiva aperta dal Concilio vaticano II: nomi come quelli di Aldo Moro e poi Pietro Scoppola, Leopoldo Elia, Vittorio Bachelet e tanti altri provenienti dalla FUCI, dall’Azione Cattolica e dai contatti personali e spirituali che l’allora Prof. Giovanni Battista Montini intratteneva dentro e fuori le mura della Segreteria di Stato Vaticana.
Ora, è vero, non ci sono più personaggi di questo calibro culturale, la gerarchia ecclesiastica ha preso le distanze dalla formazione sociopolitica, le grandi Associazioni e movimenti ecclesiali si sono ridotti numericamente, il laicato impegnato non ha saputo accogliere le sfide lanciate dal Concilio Vaticano II. Il fermento sociale, culturale e spirituale del dopoguerra, che ha favorito la ricostruzione della società, sembra essersi assopito o, peggio ancora, appiattito lasciando il passo alla massificazione a tutti i livelli.
In questo contesto, ciò che stupisce è che, pur prendendo atto dello scioglimento della DC nel 1994, non ci sia stata una reazione, o un sussulto di orgoglio, nel mantenere le redini di quella fetta di mondo moderato e di matrice cattolica che negli anni ha creato diverse classi dirigenti. Ci si crogiola nel ricordo e nella nostalgia di tempi gloriosi, ma passati, si cercano di riproporre schemi che per questo contesto sociale e per le nuove generazioni non vanno più bene, manca una lettura coscienziosa e cosciente della società odierna alla luce delle indicazioni del Magistero della chiesa.
In altre parole, manca il coraggio di essere cattolici in un mondo secolarizzato e si preferisce il comodo rimpianto e qualche, ancor più comodo salvagente elettorale, che permetta a leaders senza popolo di rimanere a galla.